Sembra che questa volta si voglia davvero ripartire con il Ponte sullo Stretto di Messina e, naturalmente, come una sorta di riflesso condizionato, ripartono le polemiche e si rilanciano veti e pregiudizi, in parte per visioni legate a vetero-ambientalismi ovvero per scarsa conoscenza della funzione civile ed economica di tale opera.
Sorprende l’opposizione di parte del sindacato, in primo luogo della Cgil, che immemore della storica posizione della sua confederazione, si pensi al “Piano per il lavoro” di Giuseppe Di Vittorio fondato su investimenti pubblici per creare occupazione, ha assunto una posizione di ferma contestazione, che sembra richiamare pauperismi e “decrescite felici”. Così come non si comprende chi, come la Uil, subordina il Ponte alla realizzazione di altre opere pubbliche, quale l’alta velocità da Salerno sino in Sicilia, non tenendo in conto, come hanno dichiarato le Ferrovie dello Stato, che solo il collegamento stabile può consentire di modernizzare la rete ferroviaria nel Mezzogiorno. Mi piace ricordare che un leader autorevole della Uil, come Pietro Larizza, fu sempre favorevole al Ponte e che la firma sul disegno di legge sulla sua realizzazione, nel 1971, era di Italo Viglianesi quale ministro dei Trasporti, che fu fondatore e primo segretario generale della Uil. La Confial è favorevole al Ponte, perché creerà occupazione, sviluppo economico e redistribuzione del reddito verso il Sud, creando una nuova megalopoli che interconnette le due principali città, Messina e Reggio Calabria, ma che può interessare anche le aree comprese tra Catania e Vibo Valentia.
Il Ponte sullo Stretto non può essere visto riduttivamente come un’opera funzionale solo capace a velocizzare il traffico tra le due sponde dello Stretto, ma in primo luogo quale infrastruttura di rilevanza europea e transnazionale, segmento fondamentale di quel Corridoio 1 per creare un asse che da Berlino arriva sino a Palermo.
Il Corridoio attraverserebbe l’Italia per due terzi della sua lunghezza, rappresentando un importante asse di collegamento per il trasporto merci e persone a lunga percorrenza su gomma e su rotaia.
E’ del tutto evidente che la realizzazione del Corridoio 1 costituisce un’opportunità per il Mezzogiorno e può essere fattore di avvicinamento e integrazione fra le regioni meridionali dell’Italia e quelle dell’Europa settentrionale e centro-orientale, nello spirito della politica europea di coesione economica e sociale, oltre che nella prospettiva euromediterranea.
Il Ponte sullo Stretto, per come stà opportunamente evidenziando il Governo ed in particolare il Ministro per le Infrastrutture e i Trasporti on. Matteo Salvini, deve rappresentare la consapevolezza che è necessario investire al Sud anche in grandi opere infrastrutturali, funzionali alla modernizzazione di sistema, precondizione fondamentale per attirare capitali privati e creare lavoro produttivo. Se si vuole evitare l’inutile retorica meridionalistica o, peggio, i veti da parte di alcuni settori del grande capitale del Nord e del suo lobbysmo mediatico, servono massicci investimenti in porti, autostrade, reti ferroviarie e collegamenti telematici, politiche fiscali, ambientali ed energetiche di vantaggio e, in questo necessario scenario, la realizzazione dell’opera assume una valenza strategica.
Il Ponte può consentire al Mezzogiorno d’Italia di divenire la piattaforma logistica ed operativa dell’incontro tra l’Europa e un Mediterraneo pacificato, con una forte valorizzazione delle imprescindibili istanze dei territori meridionali, valorizzando l’Area dello Stretto, mettendo in equilibrio globale e locale, come inizio concreto della rinascita del nostro Sud.
La peculiarità dell’infrastruttura potrà, inoltre, generare sinergie positive per sostenere la creazione di una nuova dimensione territoriale e urbana della stessa Area dello Stretto.
Le caratteristiche tecniche dell’attraversamento stabile, accompagnate da opportune politiche territoriali locali, dovranno essere tali da massimizzare anche gli spostamenti del traffico locale rendendo quest’ultimo l’elemento centrale sui cui far convergere l’analisi economica ed urbana.
Infatti, è ragionevole attendersi che in presenza di una connessione stabile e veloce e con due città metropolitane interconnese si creerà una città policentrica di circa 600.000 abitanti il cui traffico locale diventerà una componente importante rispetto gli altri volumi di traffico nazionale ed internazionale.
Se ciò e’ verosimilmente accettabile, ne scaturisce che la massa degli spostamenti urbani, se completamente soddisfatti, diventa talmente grande da fare cambiare tutte le prospettive di mobilità. Ancora, assumendo il perfezionamento della rete dei servizi ferroviari dell’Area Urbana dello Stretto, con caratteristiche ritmiche e veloci, attraverso l’integrazione del Ponte con le linee FS della costa calabra e siciliana, si ottiene una rete ferroviaria metropolitana che fornisce accessibilità urbana di tipo giornaliero a tutto il Sistema Urbano dello Stretto. Naturalmente, il centro di tale sistema che corrisponderà alla nuova Città dello Stretto, per svolgere le funzioni tipiche di una metropoli, si dovrà’ dotare, poi, di servizi di rango superiore, quali: alta velocità viaria e ferroviaria, sistemi integrati di comunicazione, logistica e trasporto, produzioni diversificate, attività terziarie di livello nazionale, un sistema universitario completo, attività di ricerca avanzate e di forti processi di innovazione tecnologica, ivi compresa l’intelligenza artificiale.
In tale direzione il Ponte potrà portare degli effetti considerevoli in termini di sviluppo dell’economia locale, solo se non resterà una cattedrale nel deserto, ma creerà un indotto ed una rete sinergica in cui possano confluire sia il capitale pubblico, inteso come dotazione infrastrutturale, sia il capitale privato, inteso come convenienza localizzativa per le risorse imprenditoriali.
Applicando la suddetta impostazione all’attraversamento stabile dello Stretto, si ritrova una differenza sostanziale legata al tipo di domanda di attraversamento. Una prima classe di domanda proviene dalla interazione della Sicilia con il continente, una seconda nasce dai movimenti interni ai due nuclei urbani che si fronteggiano sullo Stretto.
Perché tutta l’area dello Stretto possa beneficiare della costruzione del Ponte è necessario che vengano prese delle decisioni di politica economica tese a minimizzare i costi sociali della costruzione dell’opera ed a massimizzare le sinergie e gli effetti di trascinamento sull’economia locale.
Per realizzare questo scopo, ossia per consentire ai meccanismi di crescita endogeni suscitati dalla crescita delle infrastrutture di operare con un buon livello di efficienza, occorre pianificare degli interventi sul territorio.
È necessario pensare non ad una serie di iniziative puntiformi, ma a reti interrelate di iniziative in grado di generare quello che, con una suggestiva metafora, può essere chiamato effetto network.
In termini economici possiamo rappresentarlo come una particolare classe di esternalità positiva che non ha dimensioni reali, ma che nasce dalle sinergie tra i fattori di sviluppo potenziale ed è fortemente correlato con le politiche economiche e in particolare con la loro capacità di coordinamento.
Le precedenti considerazioni inducono alla conclusione che il Ponte sullo Stretto potrà portare degli effetti considerevoli in termini di sviluppo dell’economia locale, solo se non resterà una cattedrale nel deserto, ma creerà un indotto ed una rete sinergica in cui possano confluire sia il capitale pubblico, inteso come dotazione infrastrutturale, sia il capitale privato, inteso come convenienza localizzativa per le risorse imprenditoriali.
Ciò che trascina lo sviluppo economico è la capacità delle singole iniziative economiche e del capitale pubblico di diffondere in maniera contagiosa gli effetti nello spazio. L’effetto network così definito viene a collocarsi in un posto primario all’interno dello spazio-sistema locale.