Un nuovo Modello contrattuale – Il fenomeno della contrattazione aziendale in deroga

Un nuovo Modello contrattuale – Il fenomeno della contrattazione aziendale in deroga

di Benedetto Di Iacovo e Maurizio Ballistreri

Non è più tempo di lasciare inascoltata la pressante richiesta, che viene da più parti, dai lavoratori soprattutto, di un sistema contrattuale non chiuso, senza pretese di egemonie di rappresentatività universale anche quando poi si è in minoranza in molti settori   -nonostante si abbia la rappresentatività a livello nazionale- atteso che moltissimi lavoratori non si sentono più rappresentati nei luoghi di lavoro dalle cosiddette grandi confederazioni del novecento.  La maturata consapevolezza registrata anche nelle associazioni datoriali, ma che stenta ad essere compresa dal legislatore,  della necessità di far crescere questi due fattori ci deve condurre verso una modifica del sistema contrattuale che sarà in grado, nei prossimi anni, di disinnescare la spirale “bassi salari – bassa produttività”, concausa determinante di questa fase di recessione nella quale siamo ancora immersi, aprendo la contrattazione a tutte quelle realtà sindacali che abbiano almeno una presenza generalizzata nelle diverse regioni italiane e che comunque siano portatrici di interessi diretti dei lavoratori e delle lavoratrici. Il nuovo sistema contrattuale può dare un serio contributo all’inversione di tendenza che tutti attendono: non è possibile che il nostro Paese sia collocato negli ultimi posti della classifica dei redditi in Europa. Il vecchio sistema, che ha continuato a vivere per troppo tempo dopo che erano stati conseguiti gli obiettivi prefissati, ha contribuito a trainare i nostri salari verso il basso. Le cosiddette grandi organizzazioni sindacali avrebbero dovuto cambiare quel modello già molti anni or sono, da quando cioè la sua funzione era divenuta del tutto decontestualizzata, ma le resistenze di alcune delle stesse sigle interne alla triplice, in particolare della Cgil ne hanno rallentato i tempi. Noi riteniamo che il sindacato tutto, non solo le grandi sigle, non possa e non debba abdicare al proprio ruolo di “autorità” contrattuale e salariale e che solo con un nuovo sistema aperto ed inclusivo delle sigle autonome sia possibile adempiere questo compito con efficacia e con risultati apprezzabili per i lavoratori che intendiamo rappresentare. Contratto nazionale e contrattazione di secondo livello sono le due gambe su cui far correre i salari alle quali va aggiunta la Bilateralità. E mentre al primo resta affidato il compito di garantire diritti e salari omogenei per tutti i lavoratori, alla seconda è affidato il compito di far crescere i salari reali e la produttività. Il fenomeno della contrattazione aziendale in deroga riveste, poi, una crescente importanza, nell’ambito della più generale (su scala europea) tendenza al decentramento dei sistemi di contrattazione collettiva.

La ragione di fondo di questa tendenza sono da ravvisarsi nella circostanza che nell’attuale contesto economico mondializzato, e per questo fondato sulla competitività, la contrattazione collettiva nazionale, con la sua pretesa di unificare a livello di settore produttivo i parametri di costo del lavoro, non appare più uno strumento idoneo.

Più precisamente, la contrattazione collettiva nazionale può fungere da base dei trattamenti (in questo senso avendo una funzione benefica anche in termini di riduzione dei costi di transazione), ma occorre poi consentire alle imprese, previo confronto con i sindacati e le rappresentanze aziendali effettive dei lavoratori nei luoghi di lavoro e non solo a quelle che pur avendo rappresentatività nazionale non sono presenti in quella realtà, di derogarla per adattarne la disciplina alle specifiche situazioni e per impostare programmi non soltanto di gestione di crisi, ma anche di riorganizzazione, di rilancio produttivo, di salvaguardia e di crescita dell’occupazione.

E’ opportuno ricordare inoltre, che la contrattazione aziendale riguarda soltanto una parte del sistema produttivo italiano, e precisamente le imprese di dimensioni medio-grandi. Per le piccole imprese un’eventuale contrattazione derogatoria a carattere generalizzato, potrà svilupparsi, nella migliore delle ipotesi, a livello territoriale o di distretto, ad esempio anche con i contratti di prossimità.

Naturalmente bisogna evitare che autorizzando gli accordi derogatori a livello territoriale e di singola impresa, al di fuori dei limiti e delle procedure previste dal sistema giussindacale e nei confronti sia della contrattazione collettiva di livello superiore sia della legge, la norma, ispirandosi all’individualismo metodologico, legittimi la concorrenza deregolativa e il dumping sociale: questi fenomeni realizzano, oggettivamente, una decostruzione del diritto del lavoro, la cui funzione storica consiste nel regolare i fenomeni concorrenziali (fra le imprese e i fra lavoratori) del mercato attraverso la limitazione dell’open shop e l’armonizzazione regolativa, assicurando, in tale prospettiva funzionale, un certo grado di regolazione negoziale. Il decentramento del sistema contrattuale è una tendenza che interessa molti sistemi europei di relazioni industriali, spostando il baricentro della struttura contrattuale dai livelli nazionali, di settore economico e di categoria, ai livelli aziendali. Il decentramento contrattuale si accentua sia nei sistemi già decentrati (Regno Unito) sia in quelli più centralizzati (Svezia, Italia, Francia, Germania). Queste tendenze, già in atto da alcuni anni, si sono accentuate con la crisi economica, che ha fatto dell’azione collettiva un vero e proprio laboratorio di negoziazione sociale.

Nel quadro di nuove relazioni industriali che esaltino la prossimità territoriale, il sistema della bilateralità deve costituire un elemento fondamentale, una vera e propria pietra angolare.

La bilateralità rappresenta un’esperienza diffusa nelle relazioni sindacali del nostro Paese, alla luce anche dei numerosi e diversificati compiti riconosciuti ad essa dal quadro normativo a sostegno di forme di protezione sociale del lavoro (in materia, tra l’altro, di ammortizzatori sociali, di previdenza complementare, di assistenza sanitaria integrativa), in un contesto di perdurante crisi economica e produttiva, a suo tempo valorizzata dal D.lgs n. 276/2003.

Le trasformazioni dell’economia di mercato (terziarizzazione, globalizzazione, delocalizzazione) e le conseguenze sui sistemi di welfare e sul ruolo del pubblico fanno emergere la necessità di ricorrere a nuovi strumenti di protezione sociale.

I cambiamenti della domanda di salute e di benessere sociale connessi alle mutate condizioni della popolazione attuale e futura (anziani, disabili, precari, ecc..) mettono peraltro in rilievo il crescente divario tra costi dei sistemi di protezione sociale e risorse (scarse) disponibili.

Anche se le scelte in materia non possono essere ricondotte alla sola valenza economica si pone dunque il problema della qualificazione delle politiche sociali, mediante il coinvolgimento, nell’erogazione dei servizi, del volontariato, del privato sociale e, a determinate condizioni, del privato for profit (dal welfare State al welfare community). In tale quadro si tratta di conciliare al meglio sussidiarietà e solidarietà, unità e differenziazione: da una parte prevedendo prestazioni di base, a livello nazionale, sotto forma di servizi, agevolazioni e trasferimenti monetari; dall’altra lasciando ai governi locali la scelta politica di riconoscere quote aggiuntive di prestazioni, rendendo altresì sempre più visibile il rapporto costi-benefici della spesa sociale locale.

Benedetto Di Iacovo, Segretario Generale Confial

Maurizio Ballistreri, I.S.L.- Responsabile Istituto Studi sul lavoro di Confial

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