Col Decreto Legislativo n. 81/2015, in attuazione della riforma del mercato del lavoro, si è proceduto a modificare, tra le varie tipologie contrattuali, anche il rapporto di lavoro accessorio (vedasi Capo VI artt. da 48 a 50).
Ab origine il lavoro accessorio è nato per regolamentare quelle prestazioni lavorative non riconducibili alle tipologie contrattuali tipiche del lavoro subordinato o del lavoro autonomo.
Sue caratteristiche principali, tutt’oggi rimaste invariate, sono:
- la previsione di un limite prettamente economico
- il pagamento della prestazione attraverso i voucher
Tale forma contrattuale è sorta soprattutto per assicurare una tutela a quei lavoratori che svolgevano attività lavorative per le quali c’era il rischio di collocarsi al di fuori della legalità, per cui tale forma è da sempre stata finalizzata ad una maggior tutela dei lavoratori e all’emersione del lavoro nero.
Così come riformato il contratto di lavoro accessorio può avere ad oggetto prestazioni lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a € 7.000 nel corso di un anno civile (dal 1° gennaio al 31 dicembre). Tale limite si abbassa fino a 3.000 € nell’anno civile qualora il lavoratore sia percettore di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito (in tal caso l’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio).
Tuttavia, qualora il committente sia un imprenditore o un professionista, le prestazioni di lavoro accessorio rese a loro favore non possono eccedere il limite di € 2.000 nell’anno civile per ciascun lavoratore.
Il nuovo limite di € 7.000 è stato introdotto dal recente D.lgs. 81/2015; infatti, precedentemente, la soglia era fissata in € 5.000 per la totalità dei committenti ed € 2.000 per ciascun singolo committente. Tale “vecchia” disciplina continuerà ad applicarsi per i buoni già richiesti alla data del 25 giugno 2015 e fino al 31 dicembre 2015.
Il Decreto Legislativo n. 81/2015 ha inoltre confermato il venire meno della caratteristica dell’occasionalità – già eliminata dal Decreto Legge 76/2013 – e la possibilità che il lavoro accessorio possa essere usato per qualsiasi tipo di attività.
Il lavoro accessorio si utilizza, infatti, in diversi ambiti: agricolo, commerciale, turistico, dei servizi; anche la Pubblica Amministrazione può fare ricorso al lavoro accessorio rispettando i vincoli previsti dalla vigente normativa in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno.
In ambito agricolo ci sono delle condizioni particolari da rispettare, si applica infatti:
- alle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università;
- alle attività agricole svolte a favore di soggetti di cui all’articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (piccoli produttori agricoli), che non possono, tuttavia, essere svolte da soggetti iscritti l’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.
In generale, è vietato ricorrere al lavoro accessorio per l’esecuzione di appalti di opere o servizi, vengono, però, fatte salve specifiche ipotesi che saranno individuate con successivo decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentite le parti sociali, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto.
Riguardo, infine, al pagamento della prestazione di tipo accessorio, essa avviene, come su indicato, attraverso i cosiddetti voucher (o buoni lavoro) che garantiscono, oltre alla retribuzione, anche la copertura previdenziale presso l’INPS e quella assicurativa presso l’INAIL.
Per il lavoratore, il compenso è esente da ogni imposizione fiscale e non incide sul suo stato di disoccupato o inoccupato, inoltre tali compensi se percepiti dal lavoratore extra comunitario sono computati ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.