“Non si può fare finta di niente, siamo di fronte ad una nuova spaccatura sindacale, come nel 2014, ai tempi del Governo Renzi. Ancora uno sciopero politico”. Così, inizia una dichiarazione del segretario generale della CONF.I.A.L. – Confederazione Nazionale Autonoma Lavoratori, Benedetto di Iacovo in occasione di una riunione dei quadri e delegati della provincia di Roma, il quale affronta anche il tema del salario minimo per legge.
“Le tre centrali sindacali storiche sono di nuovo alle prese con uno sciopero politico, in un momento delicato per le economie del mondo intero, per effetto della pandemia, ma soprattutto per il rischio di vanificare gli sforzi del Governo Draghi per una oculata gestione delle risorse del PNRR per rilanciare investimenti e occupazione”.
Di Iacovo passa quindi a commentare l’ultima direttiva dell’Euro Parlamento, evidenziando che gli interventi sociali che la politica e i sindacati confederali non hanno voluto fare negli anni in Italia, hanno visto, invece, l’iniziativa di un’Unione europea che sembra avere, finalmente, archiviato la stagione del rigorismo di mercato, con l’approvazione delle misure per il salario minimo garantito in tutti gli Stati membri e per l’attribuzione dello status di lavoratori subordinati ai rider:
Per il leader sindacale “è necessario adesso evitare che l’intervento legislativo di recepimento nel nostro Paese delle decisioni europee, snaturi il provvedimento sul salario minimo, legandolo ai contratti collettivi dei sindacati confederali, secondo il principio che a poterli firmare siano solo le organizzazioni “comparativamente più rappresentative” lesivo del principio di libertà costituzionale, previsto dall’art. 39 della Costituzione al primo comma, mentre sui ciclofattorini serve una legge che risolva i problemi interpretativi derivanti dalla scarsa coerenza tra leggi, giurisprudenza e autonomia collettiva”.
Di Iacovo conclude evidenziando che sullo sciopero generale, con questa nuova divisione tra Cgil, Cisl, Uil, “siamo in presenza di una regressione dei rapporti sindacali, in cui si confrontano posizioni legate al primato del conflitto e altre ad una partecipazione subalterna, da ambo le parti senza autonomia ed originale capacità propositiva”.