Sul referendum costituzionale interviene il coordinatore nazionale della CONF.I.A.L. – Confederazione Italiana Autonoma Lavoratori, Benedetto Di Iacovo, secondo il quale “la grande partecipazione popolare al voto rappresenta un rilancio della democrazia in Italia e dei valori fondamentali della Costituzione repubblicana. Adesso – prosegue Di Iacovo – non si parli più di riforme costituzionali ma di attuare la Carta fondamentale, soprattutto per quanto riguarda l’art 1, rendendo effettivo il diritto al lavoro e quello della libera espressione di associazione sindacale. In questa prospettiva – per il leader della CONF.I.A.L. – non è più rinviabile una legge di attuazione dell’art. 39 della Costituzione, in materia di disciplina legale dei sindacati, efficacia generale dei contratti collettivi, verifica della effettiva rappresentatività. Un modello – prosegue Di Iacovo – è quello francese, con la legge che sostiene l’autonomia collettiva derivante da accordi interconfederali, a patto che non siano solo quelli del club esclusivo <ad inviti> rappresentato, oggi, da Confindustria-Cgil-Cisl-Uil; una sorta di Circolo Pickwick per nobili decaduti che difendono privilegi da Ancien Régime – aggiunge il dirigente sindacale –, règime che esce sconfitto dalla consultazione sul referendum costituzionale, essendosi espresso, esplicitamente o per comportamenti concludenti come la firma degli accordi precontrattuali dei metalmeccanici e del pubblico impiego, con chiare finalità elettoralistiche, per il sostegno al premier”. Per Di Iacovo inoltre “l’intervento legislativo dovrebbe riguardare anche i diritti sindacali in azienda, collegati alla verifica della rappresentatività con la verifica degli iscritti, il voto e non alla stipula e alla negoziazione di contratti collettivi, come deriva dall’attuale formulazione dell’art. 19 dello Statuto dei lavoratori, che consente ai datori di lavoro di scegliersi gli interlocutori sindacali. Il voto – conclude Di Iacovo – che ha visto votare no l’81% dei giovani tra i 18 e i 34 anni segnala un malessere profondo, per come segnalato dal Censis, di una precarizzazione assoluta del lavoro, di cui voucher e il Jobs-act ne sono i carnefici assoluti e l’aumento del lavoro nero, illegale, irregolare e scarsamente retribuito, ne fanno da corollario. In tutto questo, nel futuro chi guarderà al sud con l’occhio di chi intende puntare ad un effettivo riequilibrio territoriale e chi saprà rimettere in moto l’occupazione produttiva, eliminando le sacche di precarizzazione, sarà visto come un costruttore di futuro”.