Sull’attualità sindacale è intervenuto il segretario generale della CONF.I.A.L. -Confederazione Italiana Autonoma Lavoratori, Benedetto Di Iacovo, che ha dichiarato: “Dopo la presentazione di una proposta, da parte delle opposizioni al governo, per introdurre anche in Italia il salario minimo legale, fissando la soglia minima a 9 euro l’ora, tra le tre maggiori centrali sindacali è divampata una polemica che appare più rivolta ad interessi organizzativi e politici, rispetto alla tutela del mondo del lavoro”. Secondo il leader della CONF.I.A.L. “Il salario minimo per legge è un istituto che esiste in ventuno Paesi dell’Unione europea su ventisette, che hanno un sistema legale di fissazione dei minimi retributivi e il 25 ottobre scorso, sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, è stata pubblicata la direttiva sul salario minimo n. 2022/2041, quale strumento di contrasto al dumping sociale.
In Italia – prosegue Di Iacovo – il problema dello sfruttamento di molte categorie di lavoratori, anche con i cosiddetti “contratti pirata” (che resta un comodo scudo per mantenere supremazie da parte delle organizzazioni cosiddette storiche), è all’attenzione di forze politiche e sindacati da tempo, considerato, peraltro, che anche alcuni contratti collettivi nazionali di lavoro, sottoscritti, proprio; dalle confederazioni cosiddette “storiche”, si pongono sotto la soglia dei 9 euro. E’ il caso del CCNL per i lavoratori della Vigilanza, siglato di recente da Cgil e Cisl di categoria, che prevede un aumento di 0,28 centesimi e una paga oraria sotto i 6 euro. Un rinnovo contrattuale, dopo ben 10 anni, che non tiene conto di numerose pronunce, tra cui quella del Tribunale di Milano, sezione Lavoro, che ha stabilito il contrasto con l’art. 36 della Costituzione di una paga da 3,96 euro l’ora, sulla scorta della giurisprudenza di Cassazione.
Ecco, quindi, che se si deve approvare una legge sul salario minimo, certamente non potrà avere (solo) come riferimento i contratti collettivi delle tre confederazioni “storiche”, per evitare che, come nella “Fattoria degli animali” di George Orwell, “alcuni sono più eguali di altri”, ma un parametro retributivo di base, sotto il quale tutti i CCNL e automaticamente dismessi e sopra i quali ogni CCNL è legittimo. Tutto questo deve essere fatto nell’assoluto rispetto del principio di libertà e pluralismo sindacali, prescritto dall’art. 39, comma 1, della Costituzione.
Ma se non si ritiene sufficiente la fissazione di minimi salariali per legge, che è invero coerente con la previsione dell’art. 36 della Costituzione, anche per le nuove domande di tutela come quelle dei lavoratori in piattaforma, si deve seguire l’indicazione dell’Unione europea di conferire alla contrattazione collettiva efficacia generale, senza però il richiamo ad ordinamenti intersindacali che in realtà sottintende la difesa di vecchi monopoli rappresentativi, attraverso il richiamo alla nozione del “sindacato comparativamente rappresentativo”, non più rispondenti al diffuso pluralismo sindacale e dell’associazionismo datoriale” che è stato registrato nell’ultimo ventennio. Per Di Iacovo “serve una legge di attuazione dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 39 della nostra Carta fondamentale, ovviamente attraverso il diritto vivente e, quindi, le sentenze della Consulta e della Suprema Corte. La CONF.I.A.L. – conclude Di Iacovo – è pronta al confronto con tutti con idee e proposte”.