Ciò che appare chiaro nel nostro Paese è che dopo la pandemia e il costituendo Governo-Draghi, è in corso un cambiamento epocale e nulla sarà come prima.
In politica il vecchio perimetro destra-sinistra-centro non costituirà più, il solo strumento analitico delle dinamiche di sistema, anche se i tradizionali valori quali etica, solidarietà, democrazia, inclusione, equità e giustizia sociale continueranno ad essere sempre più i tratti fondanti per il discrimine delle due categorie, che appaiono destinate a reggere al cambio di paradigma e cioè tra progressisti e conservatori.
La nuova idea di Europa, soprattutto per effetto della pandemia, sarà diversa anche per i sovranisti e i sostenitori del modello-Brexit nei confronti dell’Unione euroepa, i quali saranno costretti a prendere atto che l’Europa potrà costituire una sintesi più elevata degli interessi dei singoli Stati, mentre in Italia il regionalismo differenziato mostra limiti che devono indurre a decretarne la fine, a cominciare dalla revisione dell’art. V, ripensando anche ad un modello di sanità nazionale.
Sta per chiudersi l’era Merkel con l’egemonia tedesca in Europa, proprio nel mentre l’Italia assumerà la direzione del G20, dove anche gli Stati Uniti del nuovo presidente Biden sono parte fondamentale, che l’autorevolezza e il prestigio di Mario Draghi darà un nuovo e diverso protagonismo al nostro Paese sullo scacchiere internazionale.
Viviamo, infatti, ormai in un mondo complesso, connesso ed interdipendente. Un mondo dove anche la relazione interpersonale serve a dare autorevolezza e credibilità ad un Paese importante a livello geostrategico come l’Italia e si integra con le tecniche della conoscenza, della comunicazione e la diffusione a rete delle informazioni e le nuove tecnologie, sempre più pervasive anche per effetto dell’intelligenza artificiale. Tutto cambia con una velocità repentina: la società che invecchia e il lavoro che si trasforma, che richiedono quindi nuovi paradigmi, economici, sociali, politici e anche istituzionali.
Compito fondamentale di Draghi sarà l’utilizzo delle enormi risorse del Recovery Fund, per passare dalla visione assistenzialistica, fondata sulla politica dei bonus, a quella della promozione dello sviluppo, garante dell’ambiente, in cui il nostro Mezzogiorno costituisca, finalmente, un’opportunità nazionale ed europea, investendo in grandi progetti integrati su infrastrutture materiali, tra cui strategico è il Ponte sullo Stretto, e immateriali, come la rete informatica, mentre istruzione, ricerca e innovazione devono diventare le stelle polari per un Paese come il nostro, la cui cifra storica è sempre stata l’inventiva, la creatività e il genio artistico.
E allora bisogna, ancora una volta, evidenziare che si sono determinate le condizioni storiche per il passaggio da una società industriale, dominata dalla produzione di beni materiali, ad una società scandita sui ritmi dell’innovazione tecnologica, dell’intelligenza artificiale, della comunicazione globale in cui sarà la produzione di servizi a porsi in primo piano nelle attività economiche e nel lavoro in genere.
In questo contesto anche il ruolo svolto dal sindacato nell’ultimo decennio, fondamentalmente conservatore, deve cambiare radicalmente, chiuso purtroppo nella sempre più ristretta cittadella dei lavoratori occupati, a loro volta sempre meno garantiti per effetto della ristrutturazione produttiva, del dumping sociale e delle controriforme legislative in materia di lavoro, burocratizzato e senza idee e programmi.
Serve un sindacalismo legato alla storia ed alla tradizione dei riformismi italiani, ma che sappia essere adeguato alla società 4.0, aperto ai giovani, alle differenze di genere, alla tutela dei più deboli e, più in genere, degli anziani.
Un sindacato soggetto del cambiamento.
E, in questa direzione, per la CONFIAL sono necessarie anche regole certe per verificare la effettiva rappresentatività sui luoghi di lavoro a cui legare la rappresentanza e la titolarità dei diritti in azienda, senza rendite di posizione “storiche” ma connesse all’attualità; orientare verso i luoghi di lavoro, i territori e le comunità la contrattazione collettiva, istituire il salario minimo legale, incentivare i fondi pensione integrativi orientandoli verso una reale democrazia economica, trasformare il Cnel nella sede istituzionale del dialogo sociale tra governo e organizzazioni collettive.
“Vaste programme” direbbe forse ancora una volta De Gaulle in termini ironici, ma, come scrisse all’alba degli anni Ottanta del secolo trascorso, uno dei Padri della Repubblica, Pietro Nenni: “l’alternativa è rinnovarsi o perire”.
Benedetto Di Iacovo, Segretario Generale Confial